Sospettato n.1: Anita Raja (#searchingelena: il crowdfunding)

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Se tu ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie”

Domenico Starnone, Lacci

Se non avessi amato Domenico Starnone da così tanto tempo forse mi sarebbe stato più facile aprirmi all’indagine sulla sua donna, Anita Raja, la silenziosa traduttrice, donna ombra della lettueratura, della scrittura.

Esiste qualcosa di assolutamente affascinante nel mestiere del traduttore, quel jenesaispasquoi consiste il lussuoriso piacere di poter giocare a margine sul flusso, il suono, il movimento delle parole degli scrittori. Ho sempre considerato quello del traduttore un mestiere femminile, in senso antico, cioè un modo molto femminile di esistere nel mondo letterario. Un mestiere ombra rispetto al narcisimo dell’autore, un mestiere altrettanto creativo e in qualche modo plasmante rispetto alla narrativa. Se l’opera sia o meno una proprietà dell’autore è cosa, in fondo, discutibile. Elena Ferrante stessa, giocando con il suo anonimato, ci suggerisce frequentemente di andare oltre la figura dello scrittore. Considerare l’opera come qualcosa che già contiene una sua autonoma esistenza, a prescindere da chi l’ha costruita.

La sospettata numero uno, quella a cui molti fanno riferimento, nel dare un volto e una vita alla scrittrice Ferrante, Anita Raja, ha tutte le caratteristiche della scrittrice fantasma. Affascinante più che mai il mistero del suo sodalizio artistico e umano con lo scrittore napoletano, Domenico Starnone,  con cui Elena-Anita si fonde in un gioco segreto, i cui unici complici sono loro due, in questa particolare confusione di rimandi, trasmissioni di umori, dalla malinconia alla seduzione, dal dolore al piacere, maschile e femminile,  dalla profonda e chiara condivisione di un nucleo biografico e umano che, rubando tra i sottotitoli di un libro che sto leggendo in questi giorni, costituisce, senza alcun dubbio,  un’educazione napoletana.

Ci sono. Ci siamo.

Cosa ne pensate? Anita è davvero Elena.

Scopriamolo insieme.

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